Eccellenze di Casa Nostra 2019
Una bella realtà che conserva le tradizioni locali con la commercializzazione e trasformazione del peperone dolce di Altino, piccola cittadina della Provincia di Chieti. La tavola dei briganti nasce nel 2013 quando la famiglia D’Alonzo decide di riorganizzare l’attività agricola famigliare specializzandosi nella coltivazione del peperone dolce di Altino.
Donatello, una volta conseguita la laurea in storia a Bologna, decide di tornare nel suo paese: appassionato dalla storia dei costumi locali, matura l’idea di concentrarsi sullo studio di un peperone dolce la cui coltivazione nel territorio altinese risulterebbe sin dal XVIII sec. secondo la tradizione popolare. Contemporaneamente inizia ad aiutare i suoi nonni nella coltivazione dei terreni famigliari per acquisire esperienza diretta in campo agricolo . Il passo successivo è la costituzione dell’azienda nel 2014, risultato di un percorso personale fatto di passione per il proprio territorio e le proprie origini.
La filosofia dell’azienda è coltivare varietà autoctone senza utilizzare sementi ibride della grande distribuzione significa preservare varietà vegetali che nel corso dei secoli si sono adattate alle particolari condizioni ambientali del nostro territorio e che altrimenti rischierebbero di scomparire. Il sistema di lavoro rappresenta una giusta combinazione di metodi tradizionali e tecnologia: tutte le fasi della produzione sono improntate al perseguimento dei massimi standard igienico-sanitari. I prodotti vengono regolarmente sottoposti ad analisi di laboratorio. Proporre prodotti genuini e autenticamente locali è la missione principale. Tra le produzioni oltre al Peperone dolce e piccante in diverse varianti, in polvere, peperone dolce intero ed essiccato anche confetture e sott’oli.
Il nome dell’azienda, La tavola dei briganti, è un omaggio alla leggenda della frazione Mandrelle e al massiccio montuoso della Majella, che si affaccia sulla nostra valle e che costituì un altro storico rifugio per i briganti: loro abitudine era incidere le proprie storie e i loro nomi su lastroni di roccia chiara e compatta. Una volta ritrovate vennero ribattezzate “tavole dei briganti” e tutt’ora sono note come tali.